Dopo 84 anni il soldato veliterno Dante Di Tullio torna a casa: la storia di un eroe dimenticato
Caduto in un campo di prigionia tedesco nel 1944 e ritrovato grazie a scavi recenti, il giovane soldato farà finalmente ritorno a Velletri per il funerale e la sepoltura nel cimitero cittadino.

Dopo 84 anni il soldato veliterno Dante Di Tullio torna a casa: la storia di un eroe dimenticato
(AGR) Sono trascorsi 84 anni dalla partenza per la guerra e 81 dalla morte in un campo di prigionia tedesco, ma il soldato veliterno Dante Di Tullio sta finalmente tornando a casa.
Una storia di coraggio, sofferenza e memoria restituisce dignità a un giovane che non ebbe mai il suo funerale e il cui nome, incredibilmente, non figura sul Monumento ai Caduti di Velletri.
Nato a Velletri il 3 settembre 1921, figlio di Irene Argenti e Giuseppe Di Tullio, Dante partì giovanissimo per il servizio militare. Congedato nel giugno 1941, fu richiamato alle armi solo pochi mesi dopo e raggiunse Durazzo (Albania) il 16 ottobre 1941, aggregato al 26° Battaglione Mitraglieri.
Successivamente venne trasferito sul fronte russo, dove combatté dal luglio al dicembre 1942 con la 4ª Compagnia lanciafiamme.
Di Tullio, come tanti militari che rifiutarono di unirsi alla Repubblica Sociale Italiana, venne catturato dai tedeschi, non considerato prigioniero di guerra ma “internato militare” e deportato in Germania, nello Stammlager VIII B – Stalag 344, a Lamsdorf.
Qui gli internati erano sfruttati come lavoratori forzati nelle industrie vicine: fame, malattie e stenti decimarono gli italiani detenuti.
Dante Di Tullio morì il 10 aprile 1944, dopo appena sette mesi di prigionia.
In quello stesso lager fu imprigionato anche il nonno materno di chi oggi racconta questa storia, Sergio Zaottini, che riuscì a sopravvivere, pur portando per sempre i segni di quella tragedia.
Dopo la guerra, la regione di Lamsdorf passò alla Polonia e cambiò nome in Lambinowice, dove oggi sorgono il Museo del campo di prigionia e il cimitero con i resti dei caduti.
Nel sito, negli anni recenti, le ricerche archeologiche hanno portato alla luce i resti di 60 soldati italiani, tra cui quelli di Dante Di Tullio.
Traslati nel Cimitero Militare Italiano di Bielany a Varsavia, il 29 settembre 2024 si è tenuta una commemorazione ufficiale, mentre le famiglie sono state contattate dal Ministero della Difesa per valutarne il rimpatrio.

Marisa Di Tullio e Fabio Taddei presso il monumento ai Caduti
La nipote Marisa Di Tullio ha voluto fortemente il rientro dei resti dello zio a Velletri.
Dopo una prima cerimonia a Padova per il rientro in Italia di 18 dei 60 soldati, una nuova cerimonia solenne si terrà il 22 ottobre 2025 al Mausoleo delle Fosse Ardeatine di Roma per altri 11 caduti, tra cui Dante.
Il giorno seguente, 23 ottobre 2025, nella Cattedrale di San Clemente,  si è  celebrato il funerale religioso mai avuto.
Successivamente Dante riposerà nel Cimitero Civico di Velletri, tra la sua gente.
La vicenda di Dante Di Tullio si intreccia con una lunga ricerca storica condotta dal delegato della famiglia Fabio TADDEI, che, insieme a Moreno Montagna e più di recente a Gianluca Navacci, ha individuato circa 220 soldati di Velletri caduti in guerra ma mai iscritti sul Monumento ai Caduti di Piazza Garibaldi.
Un vuoto di memoria che attende di essere colmato per restituire dignità a vite spezzate e mai celebrate come meritano.
L’impegno di queste persone, sottolineato dall’autore come ufficiale del Corpo Militare della C.R.I., ex ufficiale dell’Esercito ed ex consigliere comunale, rinnova il valore della memoria collettiva e il dovere civico verso chi ha sacrificato tutto per la Patria.
La storia di Dante Di Tullio non è solo un frammento di passato: è un invito a ricordare.
Riportare casa un soldato caduto lontano è un gesto che ricuce la Storia alla comunità, restituendo dignità a una giovane vita spenta dalla guerra e mai dimenticata dalla sua famiglia.
Oggi, dopo oltre otto decenni, Velletri può finalmente accogliere il suo figlio, rendendogli l’onore che merita. Una memoria che si fa presente, un debito di riconoscenza che trova finalmente pace.
















