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Io e tu dobbiamo parlare

print02 marzo 2014 15:48
Io e tu dobbiamo parlare
(AGR) Ci sono libri che prendono e portano via lontano, altri che insegnano, altri ancora che sensibilizzano, che affascinano, che aiutano a capire, libri che fanno ridere e altri che fanno piangere. “Io e tu dobbiamo parlare” (Perrone Editore), scritto a quattro a mani da Cristiana Morroni e Guido Oliva e presentato ieri nella magica cornice del “Vecchio Borgo” di Grottaferrata, fa tutto questo e anche di più. 185 pagine per raccontare l’Amore, quello con la A maiuscola, un amore che fa rima più con dolore che con cuore, tra due ex amichetti di asilo e di elementari, Lù e Diego, separati dalla vita, che si ritrovano molto adulti e parecchio feriti dalla vita, su un forum di scrittura e, senza sapere nulla l’uno dell’altra, rimangono affascinati o, meglio, folgorati, dalle parole dell’altro. E allora cominciano a scriversi, mail, botte e risposte, dove la Scrittura, anche questa con la maiuscola, fa da trait-d’union e da protagonista, fino a non bastare più, perché “Le parole scritte sono belle. Lo sappiamo. Ma assumono un peso diverso a seconda dello stato d’animo. Chi scrive ci mette un chilo, chi legge ci trova un quintale. E viceversa. E’ per questo che mi piacerebbe parlare con te. Per gli occhi”, scrive Diego ad un certo punto. La storia è un ordigno esplosivo. Dirompe nell’anima del lettore, senza chiedere permesso. Lo stile diretto e “parlato” dei due, il trasformarsi di una storia come potrebbero essercene tante, via via in qualcosa di indispensabile come l’aria, in un amore “di stomaco”, un amore dell’”essere” più che dell’ “apparire”, dove ci si vomita addosso tutto, dolori, gioie, notti insonni e desiderio, disillusioni, disincanti, sesso, passioni, tenerezze e ossessioni, fa sì che il libro, una volta aperto, catturi il lettore stringendolo in spire di immedesimazione e curiosità, come un boa constrictor fa con la sua vittima. Si diceva di libri che fanno ridere e piangere, ebbene questo “Io e tu dobbiamo parlare”, ci riesce spesso, anche nella stessa mail. E sensibilizza sì, sensibilizza il lettore a non sprecare l’amore, a rendersi conto che l’amore non è routine, vita piatta, picci picci e staremo insieme tutta la vita in una bolla di zucchero filato rosa, no no. L’Amore è “forse”, è paura, è il dolore dell’attesa, è la voglia di gridare, è aver paura di sciupare tutto ma mettersi in gioco ugualmente, è coraggio e incoscienza e tutte le mille cose che Lù e Diego si scrivono in centinaia di mail “453 ad essere precisi, ma siamo stati molto autocensuranti e nel libro sono assai meno”, ci spiega Guido Oliva, di professione direttore amministrativo, ma scrittore fin da piccolo, con già qualche pubblicazione all’attivo. Lù sta per Lucrezia, “Mia figlia non ha il dono della parola ed io, con questo libro, ho voluto farla parlare”, racconta Cristiana Morroni, donna dalle mille attività nel campo della comunicazione, anche visiva, non nuova anche lei a pubblicazioni di poesia e narrativa. Con lo stile secco e crudo di una Mazzantini, questa storia pudica e spudorata che, tutto sommato, è a lieto fine, è un cazzotto nello stomaco, una narrazione che costringe il lettore a guardarsi dentro e a cercare di comprendere cos’è davvero l’amore, se lo stordimento, la devastazione interiore, il sorriso ebete stampato in viso possono convivere con la melodia, con la routine di una famiglia “altra”, con il lavoro di tutti i giorni, con l’urgenza fisica del voler toccare, annusare, assaporare, masticare, ingoiare l’altro senza mai riuscire a saziarsi. Un amore ridotto in brandelli, nel senso migliore del termine, ossia scandagliato, esplorato, analizzato, per legittima difesa, per essere certi che sia unico. Viene da pensare che una storia letteraria così intima e intimistica, scritta a quattro mani possa aver portato ad un’ unione reale. Vorremmo chiederglielo, ma i due, tra gli applausi del pubblico, si stanno baciando.

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